Non riesco a pensare a questo Natale senza sentire un frastuono assordante intorno: quello delle bombe, quello del mare, quello dentro le mura domestiche e nelle piazze del mondo, quello dell’economia che macina profitti e scarti, quello del lavoro che fa soffrire e genera disimpegno.
Poi, come sempre, c’è il frastuono che sa di buono a cui tutti ci abbandoniamo docilmente fatto di sorrisi e del vociare di auguri all’infinito, quello – sono parole di papa Francesco pronunciate lo scorso Natale – «che anestetizza il cuore e ci induce a preparare addobbi e regali più che a contemplare l’Avvenimento: il Figlio di Dio nato per noi».
Ma tutti questi frastuoni non riescono a coprire del tutto il malessere profondo che proviamo, malgrado intorpidiscano gli animi e i muscoli del corpo. Il torpore che rallenta i movimenti degli occhi anestetizzati però non ci fa mettere a fuoco i drammi che attraversiamo e la loro insopportabile prossimità. Ci infastidiscono piuttosto con la loro prorompenza, destabilizzando il nostro desiderio di stare bene e in pace. Invadono la nostra quiete ricordando la fragilità di cui siamo impastati e che non ci può essere pace senza giustizia.
Eppure i drammi sono lì, non possiamo far finta di niente. Il loro frastuono è fastidioso. Che fare? Conviene allora spettacolarizzarli, farli diventare oggetti da porre fuori di noi, da guardare per condividere lo scandalo che provocano tenendoli però a distanza, un modo di cui ci serviamo per allontanare il timore di poterli incontrare sulla nostra strada. Un modo dunque per distaccarcene, per dire a noi stessi che sono là e che non ci appartengono, sono di altri.
Eppure, se ci lasciassimo illuminare dalla Luce, diventeremmo subito consapevoli che la violenza e la sofferenza generati da questi drammi, in ogni luogo, sono in mezzo a noi con tutto il loro peso e la loro corporeità, li potremmo toccare con le nostre mani che invece ritraiamo con fare goffo.
Dunque il mondo – ciascuno di noi – continua a non riconoscerli e a non accoglierli. Non li facciamo entrare concretamente nella nostra vita. Eppure quei drammi che l’umanità patisce ovunque, con forme e modalità diverse, ci urlano addosso chiedendo nuovamente a ciascuno di noi: «Dove sei (Genesi 3,9)?». E noi che continuiamo a rispondere: «Ho udito la tua voce nel giardino, e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto (Genesi 3,10)».
Ebbene, cosa è il Natale se non il forte invito a scuoterci, un evento che ci urla addosso di aprire occhi e cuore e incontrare Lui che è in mezzo a noi? «Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto (Gv 1,1-18)». Al di là dei tanti rumori che tentano di nascondere il suo significato più autentico è questa la buona novella del Natale: «Oggi a Betlemme tra le tenebre della terra si è accesa questa fiamma inestinguibile, oggi sulle oscurità del mondo prevale la luce di Dio, che illumina ogni uomo» (Papa Francesco, Urbi et Orbi, 25 dicembre 2023)
Non resta allora che pregare perché l’uomo, ciascuno di noi, riacquisti la vista per poter trasformare il frastuono dei luoghi dove si vive in ascolto operoso. La via è sempre la stessa, quella che ieri all’Angelus ha indicato chiaramente papa Francesco: «accogliendo, proteggendo, rispettando gli altri».
Giampaolo dice
Grazie Gabriele per aver voluto condividere con il lettore i tuoi pensieri più intimi .
E rimanendo su questa linea confidenziale , mi piace condividere con te il mio commento alla mail dell ‘amico Cesare di Cattolica che risponde a quella di Antonio .
Un abbraccio
Gabriele Gabrielli dice
Grazie Giampaolo!
Lauretta dice
LE DOMANDE ESISTENZIALI RIMOSSE
«Nei nostri giorni la gran parte delle persone non si chiede più pensosamente, perché vive, da dove viene, dove va, ma desidera solo esprimersi come incurante e debordante affermazione di sé. La nostra civiltà rimuove le domande esistenziali, per definizione prive della possibilità di una risposta immediata, e le trasforma in richieste facilmente esaudibili qui e ora:
«Da dove vengo?» diviene «Quanto guadagno?»; «Dove vado?» si trasforma in «Che cosa mi compro?», e l’interrogazione sul senso della vita è ormai solo una raccolta di informazioni sul prezzo delle cose. Così quei pochi che ancora riflettono sul senso della vita si ritrovano a praticare una specie di esercizio di resistenza civile la cui posta in gioco si chiama 𝘚𝘢𝘱𝘪𝘦𝘯𝘴, ovvero la nostra umanità. È in corso infatti un grande processo di trasformazione che mira a farci retrocedere al precedente livello di F𝘢𝘣𝘦𝘳, o più precisamente a 𝘏𝘰𝘮𝘰 𝘧𝘢𝘣𝘦𝘳 𝘦𝘵 𝘤𝘰𝘯𝘴𝘶𝘮𝘦𝘯𝘴 : a questo tende lo strapotere dei potentati economici, i «dominatori di questo mondo tenebroso», come li avrebbe chiamati san Paolo».
#VitoMancuso #Apropositodelsensodellavita #Garzanti
Gabriele Gabrielli dice
Grazie Lauretta per il contributo!